Federica, architetto, 36 anni
La mia esperienza di elettrosensibile è
cominciata nel 2011, quando ho scoperto, durante la mia prima gravidanza di
avere delle difficoltà ad usare il telefono cellulare, ai tempi un Iphone.
All’inizio era solo una leggerissima sensazione di calore all’orecchio, ma con
il passare dei mesi il dolore è aumentato, si è irradiato a tutta l’area destra
della testa, e sempre accompagnato da persistenti emicranie e senso di
vertigini per una ventina di minuti dopo ogni brevissimo utilizzo di cellulare.
A poco a poco ho cominciato ad utilizzare
l’auricolare, e col tempo l’auricolare è diventato per me uno strumento
indispensabile, anche se non ha mai annullato del tutto i sintomi. L’orecchio
mi si scaldava ugualmente, e avvertivo lo stesso un senso di vertigine accompagnato
a nausea.
Allora ho cominciato ad usare solo il vivavoce,
a ricevere solamente le chiamate e parlare pochissimo, tenendo il telefono in
mano e parlando ad alta voce. All’inizio andava bene così, nonostante i disagi
e l’imbarazzo di dover parlare anche se molto raramente e se pur a bassa voce
in pubblico e fare ascoltare ad altri la telefonata. Ma da alcuni mesi ho
cominciato ad avere problemi anche così. Dopo ogni utilizzo la mano comincia a
formicolarmi, la sento rigida e debole, non riesco a stringere il pugno per
afferrare gli oggetti, è come intorpidita. La sensazione dura anche un’ora dopo
ogni breve utilizzo del telefono. Da alcune settimane ho cominciato ad
utilizzare il telefono appoggiato ad un tavolo, e parlare ad alta voce, in modo
da non doverlo toccare in nessun modo durante l’utilizzo. Ho appena acquistato
il kit per cellulare della società americana RF Safe contro le radiofrequenze.
Ho usato l’auricolare schermato solo una volta, fra un po’ di tempo potrò
raccontarvi se mi ha portato qualche beneficio o meno.
Ho comunque previsto di riprendere a utilizzare
un telefonino all’antica, per alleviare sensibilmente il mio problema, almeno
quello con i telefoni. Stesso discorso per le reti wifi con le quali entro in
contatto. Avverto stanchezza cronica, difficoltà a concentrarmi, senso di
vertigine, nausea, formicolio alle mani e forti emicranie.
Anche se il dispositivo wifi è spento in casa,
avverto quello degli altri che attraversa le stanze e raggiunge casa mia. Il
disagio sta assumendo proporzioni invalidanti considerato che oramai il wifi si
trova ovunque: treni, camere d’albergo, bar e ristoranti. Nella nuova macchina
che ho preso ho eliminato ogni connessione bluetooth. Stessa cosa per il forno
microonde. Stessa cosa per il telefono cordless. Ho eliminato ogni tecnologia
cordless dentro casa. In ufficio il disagio persiste, sono architetto e quindi
costretta ad utilizzare il pc per lunghi periodi, il lavoro sta diventando
davvero difficile da gestire. Mi sento sempre stanca, fatico a concentrarmi,
oggi ho utilizzato il wifi per più di un’ora e mezza e il dolore alla testa e
il senso di vertigine ha cominciato a farsi sentire, anche con dolore
posteriore agli occhi.
Sto cercando una casa isolata, da poter
schermare da ogni tipo di segnale esterno, lontano da ripetitori e antenne, ed
è facile intuire come questa patologia riservi gravissimi disagi nella vita
quotidiana di chi ne soffre. Ad esempio non posso minimamente avvicinarmi ad un
forno a microonde in funzione, e ad ogni tipo di apparecchio che emana questo
tipo di onde. Il malessere diminuisce solamente dopo aver effettuato attività
fisica come la corsa, in luoghi non contaminati come il bosco, per almeno
mezz’ora. Conoscere le esperienze di altri elettrosensibili trovo debba rappresentare
un punto fermo per cercare di capire se esiste una qualche patologia pregressa
che ci accomuna, io ad esempio soffro di tiroidite autoimmune di Hashimoto, o
comunque per condividere l’iter terapeutico che si sta intraprendendo, per
valutarne benefici e carenze.
Chiedo che questa patologia venga resa
pubblica, venga ufficializzata, migliaia di persone ne soffrono magari senza
saperlo e non sono in grado di definire il loro malessere. Dobbiamo
sensibilizzare la popolazione e le istituzioni sui danni irreversibili che
compiono le onde elettromagnetiche sulla nostra salute, e soprattutto sulla
salute dei bambini. Desidero che questa patologia venga riconosciuta dal
servizio sanitario nazionale, come già stato fatto in molti altri paesi
d’Europa.
Desidero essere tutelata per quello che ritengo
un abuso incontrollato che fanno di queste tecnologie Mercato e Istituzioni ai
danni della salute dei cittadini, e lo dico come cittadina e come lavoratrice.
Voglio denunciare l’omertà che circola intorno a questo fenomeno, perché
controproducente a livello di interessi economici. Ascoltare le esperienze di
altri elettrosensibili ci rende meno soli, perché la cosa peggiore è raccontare
la propria patologia agli altri e non essere creduti, essere guardati come esseri
bizzarri, ricevere sguardi tra l’ostile e l’incredulo alla richiesta di
spegnere ogni connessione per motivi di salute, cosa che quasi mai succede,
visto che quasi mai veniamo presi sul serio. La cosa che fa più male del dolore
è venire considerati alla stregua di fanatici, idealisti no global
anti-tecnologici capaci di inventarsi patologie immaginarie per giustificare
fenomeni che non si condivide.
Le persone asintomatiche non capiscono che un
giorno o l’altro potrebbe capitare anche a loro. L’elettrosensibilità non
predilige un target, colpisce nel mucchio: giovani, vecchi, uomini, donne,
vegetariani, carnivori, sani, malati, tutti. Parteciperò in prima persona a
qualsiasi mobilitazione si voglia intentare per vedere riconosciuta la nostra
patologia, lo scopo è proteggere noi da questo fenomeno devastante, ma
soprattutto tutti i bambini, le generazioni future, che sono le prime vittime
della più grande follia di questo inizio secolo e che a oggi sono davvero le
uniche vittime indifese. Noi adulti non siamo indifesi, abbiamo la nostra voce
per farci sentire per chiedere tutto ciò che è nostro diritto, sarà lunga e
difficile, ma ogni giorno guadagnato sarà un giorno in più liberi
dall’elettrosmog.
Dobbiamo provarci almeno per loro.
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